Il ricorso, nel diritto, è uno degli atti introduttivi del processo e consiste nella richiesta fatta da un soggetto ad un’autorità di esaminare una determinata situazione al fine di ottenere un provvedimento.

 

Tipologie di ricorso

Il ricorso amministrativo consiste in un’istanza diretta ad una pubblica amministrazione al fine di vedere tutelata la propria situazione giuridica soggettiva, lesa da un provvedimento della P.A. senza l’intervento giurisdizionale. Il fine principale del ricorso è l’annullamento, la revoca o la riforma del provvedimento che si ritiene illegittimo e che ha determinato un assetto di interessi sul quale sia insorta una controversia tra autore e destinatario dell’atto o tra la P.A. e un soggetto terzo: questo distingue il ricorso da una semplice memoria o osservazione prodotta nel corso di un procedimento amministrativo. I ricorsi quindi sono degli strumenti di tutela amministrativa e giurisdizionale riconosciuti dalla legge in favore dei soggetti interessati in un procedimento amministrativo e nei confronti del provvedimento finale, ovvero nei casi di adozione del provvedimento oltre il termine predeterminato per la sua conclusione e i modi per attivarli.

Nella nostra giurisdizione esistono quattro tipi di ricorsi amministrativi, che sono il ricorso gerarchico proprio, il ricorso gerarchico improprio ed il ricorso in opposizione che sono mezzi di impugnazione di tipo ordinario, esperibili cioè attraverso provvedimenti non definitivi sia per far valere diritti soggettivi che interessi legittimi ed infine il ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Il ricorso al Presidente della Repubblica è un rimedio giustiziale di tipo straordinario per tutelare le situazioni giuridiche soggettive lese da provvedimenti definitivi. Si tratta inoltre di un mezzo di impugnazione a critica vincolata, potendo con esso essere dedotti solo vizi di legittimità e non di merito.

La definitività di un atto è dirimente per stabilire se sia o meno esperibile un ricorso ordinario o straordinario: il provvedimento diventa definitivo dopo la decisione sul ricorso gerarchico o decorsi 90 giorni dalla proposizione del ricorso, anche se non vi è stata alcuna decisione. Inoltre un provvedimento può essere definitivo per legge, perché non vi è autorità superiore che possa sindacare il provvedimento e decorso il termine previsto per proporre ricorso.

 

Chi può presentare il ricorso

Il ricorso può essere presentato da tutti quei soggetti (persone fisiche o giuridiche) che abbiamo interesse a seguito di un provvedimento all’annullamento dello stesso. L’interesse deve essere personale, in quanto deve riferirsi al soggetto che propone il ricorso, caratteristica da non confondere con la individualità in quanto in alcuni casi è ammesso il ricorso per la tutela di interessi collettivi. L’interesse deve poi essere attuale, perché il ricorrente deve aver subito una lesione concreta e immediata in conseguenza del provvedimento oggetto del ricorso. Deve infine essere diretto perché non è legittimato a ricorrere un soggetto diverso dal titolare della situazione soggettiva coinvolta.

Il termine per proporre ricorso è perentorio e comincia a decorrere dalla notifica dell’atto, o in mancanza, dalla data della sua pubblicazione. In tutti gli altri casi dal momento della piena conoscenza dell’atto. Per il ricorso gerarchico e in opposizione, il termine è di 30 giorni; è pari a 120 giorni per la proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Il diritto a proporre ricorso si estingue per rinuncia dell’interessato, per decadenza o acquiescenza.

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